Gli studi mostrano un tasso inferiore di vaccinazione completa contro il COVID-19 tra le persone che vivono con l’HIV

Gli studi mostrano un tasso inferiore di vaccinazione completa contro il COVID-19 tra le persone che vivono con l’HIVNuovi studi indicano un tasso inferiore di vaccinazione completa contro COVID-19 tra le persone con HIV.

A dicembre, la rivista Vaccines ha pubblicato un’analisi della copertura vaccinale contro il COVID-19 tra le persone affette da HIV in Catalogna tra dicembre 2020 e luglio 2022. Lo studio, condotto dal Centro per gli studi epidemiologici sull’HIV/AIDS e le malattie sessualmente trasmissibili in Catalogna (CEEISCAT), parte dell'Istituto tedesco di ricerca Trias i Pujol (IGTP), in collaborazione con i ricercatori del gruppo PISCIS Cohort, ha valutato le dosi primarie, monovalenti e di richiamo.

Lo scopo della ricerca è quello di sviluppare piani d’azione concreti, adattati a profili specifici, per facilitare e promuovere la vaccinazione. Lo studio ha incluso un campione di oltre 200.000 individui, di cui 18.330 con HIV sono stati vaccinati contro COVID-19.

I ricercatori hanno osservato un tasso inferiore di vaccinazione primaria completa tra le persone che vivono con l’HIV (78,2%) rispetto a coloro che non presentano questa condizione (81,8%), la differenza è più pronunciata tra la popolazione migrante. Tuttavia, le persone che vivono con l’HIV hanno ricevuto più dosi di richiamo rispetto agli altri.

Gli autori hanno identificato diversi fattori che potrebbero contribuire a ridurre i tassi di vaccinazione completa: avendere una precedente diagnosi di SARS-CoV-2, stato di infezione da HIV, essere un migrante o avere una situazione socio-economica complicata. Questi fattori riflettono gli ostacoli all’accesso ai vaccini e all’assistenza sanitaria.

Il divario crescente tra la popolazione migrante

Lo stesso gruppo di ricercatori ha pubblicato un altro articolo sulla rivista Open Forum Infectious Diseases, questa volta incentrato sull'infezione persone migranti con HIV. I risultati indicano che questi individui (oltre 3.000 nel campione) hanno effettuato meno test SARS-CoV-2, sebbene abbiano un tasso di diagnosi cumulativo simile a quello dei nativi locali.

Il loro tasso di vaccinazione, sia in termini di programma completo che di dosi di richiamo, è inferiore rispetto a quello dei nati in Catalogna. Al contrario, ci sono stati più ricoveri ospedalieri e ricoveri in unità di terapia intensiva (ICU) tra i migranti, anche se la durata del soggiorno e i tassi di mortalità erano simili. Inoltre, la presenza di due o più comorbilità tra i migranti è stata associata come fattore di rischio per una forma grave di COVID-19.

Lo studio suggerisce possibili ostacoli che potrebbero giustificare questi risultati, come disuguaglianze economiche, mancanza di informazioni, discriminazione strutturale, barriere linguistiche o sfiducia nel sistema sanitario. Con questi dati, si prevede che verranno sviluppate strategie per raggiungere la popolazione migrante e promuovere la vaccinazione, poiché è fondamentale proteggere l’individuo e limitare future epidemie a livello sociale.